Rilancio delle grandi opere, svendita del patrimonio pubblico, più inceneritori, via libera a perforazioni per la ricerca di idrocarburi e alla costruzione di gasdotti, deregolamentazione delle bonifiche e semplificazione delle procedure a favore degli inquinatori, ancora cementificazioni e regali ai costruttori, riduzione controlli a tutela di paesaggio e patrimonio storico-architettonico. Ma soprattutto a distanza di soli tre anni dal referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011, il decreto Sblocca Italia va a modificare la disciplina relativa alla gestione dell'acqua imponendo un unico gestore in ciascun ambito territoriale favorendo le grandi aziende e multiutilities, molte delle quali già quotate in borsa.
L'obiettivo appare ormai chiaro: imporre agli enti Locali la quotazione delle azioni delle aziende che gestiscono servizi pubblici, costringere a fusione e accorpamento secondo le prescrizioni già previste dal piano sulla “spendig review”. Un vero e proprio ricatto nei confronti degli Enti Locali che costretti dai tagli dei trasferimenti statali, avrebbero come unica possibilità la cessione delle loro quote al mercato azionario per poter usufruire delle somme derivanti dalla vendita che il Governo, per questa via, si premura di sottrarre alle tenaglie del patto si stabilità.
Il decreto “Sblocca Italia” svela le reali intenzioni del Governo: consegnare nelle mani dei grandi capitali finanziari la gestione dell'acqua e degli altri servizi pubblici locali.
La strategia governativa, con il “carosello” propagandistico dello slogan “riduzione delle aziende da 8.000 a 1000”, farà esclusivamente l'interesse dei privati e dei grandi potentati economici, favorendo la massimizzazione dei profitti delle grandi aziende multiutilities che già gestiscono acqua, rifiuti e trasporto pubblico locale, e delle organizzazioni malavitose che molto spesso, soprattutto nel nostro territorio, vi sono dietro come denunciato da Procure e Associazioni Antimafia, e testimoniato dall'Interdittiva Antimafia contro la società “Ecocar” che tuttora gestisce la raccolta rifiuti nella nostra città, e dalle inchieste che hanno coinvolto molte altre aziende pontine e i noti scandali che imperversano nel Lazio interessando pesantemente la nostra provincia.
Sono numerosissime in tutta Italia, 65 solo in Lucania, le amministrazioni che si sono dichiarate contrarie al decreto, tramite deliberazioni assunte dai sindaci e dagli enti locali che stanno chiedendo ai presidenti della Regione di impugnarlo presso la Corte Costituzionale. E Sono già 6 le Regioni – Abruzzo, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto che, entro il 10 gennaio, hanno deciso di impugnare di fronte alla Corte Costituzionale il decreto “Sblocca Italia” .
Pertanto il circolo del Partito della Rifondazione Comunista “Mariano Mandolesi” di Gaeta chiede al Sindaco e alla Giunta Comunale:
- Di esprimere una posizione di netta contrarietà rispetto alle norme contenute nel Decreto.
- Di impegnarsi a farsi portatori di questa posizione in tutte le sedi istituzionali, in particolare portando in sede Anci la richiesta da presentare al Governo del ritiro del provvedimento, poiché esso esautora ancor più i Comuni e le amministrazioni locali su molte materie e competenze.
- Di promuovere un incontro urgente con il Presidente della Regione Lazio Zingaretti per dare impulso all'impugnazione del Decreto tramite un ricorso alla Corte costituzionale da parte della stessa Regione.
In caso di risposta negativa da parte dell'amministrazione il PRC Gaeta non esclude di intraprendere ulteriori iniziative al fianco dei comitati per la difesa dell'ambiente e dei beni comuni del territorio per la sottoscrizione di una petizione popolare che obblighi per lo meno il consiglio comunale a discutere dell'argomento.
Circolo Prc “Mariano Mandolesi” Itri – Gaeta
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