"Il Comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo Comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente". Karl Marx

venerdì 27 settembre 2013

Le mobilitazioni di ottobre


I media lanciano allarmi sul ritorno degli spaccavetrine, il Prefetto di Roma si preoccupa di rinviare la partita per poter disporre di maggiori forze di dissuasione e nell’aria si diffonde la preoccupazione di una calata di lanzichenecchi sulla capitale in occasione delle giornate del 18 e del 19 ottobre. Noi vorremmo provare a chiarire, per chi lo vuol intendere, il senso delle giornate di mobilitazione a Roma che si stanno preparando in decine di città italiane.
C’è innanzitutto da sottolineare l’inedita connessione tra uno sciopero generale indetto dall’intero quadro unitario del sindacalismo di base per la giornata del 18 e la manifestazione per la casa e il reddito del giorno dopo. Una relazione non casuale ma voluta e costruita a partire da un punto focale di connessione tra le due manifestazioni: la lotta comune alle sempre più pesanti diseguaglianze sociali che si sono prodotte nel nostro paese e quindi per una radicale redistribuzione delle ricchezze. Il cuore della connessione è il salario, nella sua doppia configurazione di salario diretto, cioè la busta paga, e salario indiretto, ovvero quell’insieme di servizi e condizioni generali che garantiscono la vita di ogni cittadino/lavoratore, di cui la questione abitativa è oggi un aspetto centrale.
Il primo versante della questione salariale è quello più tipicamente sindacale perché attiene all’insieme delle condizioni di lavoro. È il tema della precarietà, oggi sancita in modo tassativo come condizione normale di lavoro attraverso la massiccia estensione dell’uso del tempo determinato (anche grazie alle vergognose “sperimentazioni” dell’Expo di Milano). È il tema dei salari ben sotto i mille euro o dei milioni di pensionati al minimo. È il tema del non rinnovo dei contratti. È il tema del finanziamento della cassa integrazione. Ed è il tema tornato di grandissima attualità del rilancio di un piano straordinario per l’occupazione, che deve essere gestito secondo noi dalla mano pubblica e finalizzato ad opere di interesse sociale.
Il secondo versante della questione salariale è invece quello del salario indiretto, e attiene al modo in cui si stanno riconfigurando il sistema dei servizi, la vita urbana ed il rapporto con l’ambiente. E in questo secondo versante il tema degli alloggi è oggi una grande priorità in Italia. Siamo da tempo il fanalino di coda in Europa per quantità di alloggi popolari sull’insieme del patrimonio immobiliare nazionale (il 4% in Italia rispetto al 40% della Francia, il 47% dell’Olanda, il 57% della Germania) mentre siamo tra i primi per rialzo degli affitti e quantità degli sfratti, in gran parte per morosità. La casa costituisce oggi, insieme al taglio ed alla privatizzazione dei servizi, una forma di sottrazione di reddito a milioni di famiglie. L’altra faccia dell’impoverimento diffuso di settori popolari e di larghe fette di ceto medio.
Le due facce della questione salariale, messe insieme in due manifestazioni contigue e sorelle, esprimono la condizione reale di milioni di lavoratori. Ad esse si risponde in una forma completamente diversa rispetto a quella che sta realizzando il governo Letta. Occorre rompere con la spirale dell’austerity, la depressione dei consumi e la conseguente deindustrializzazione del paese ed aprire una grande vertenza nazionale sul salario ed il reddito. Al centro c’è la necessità di una inversione di rotta della politica economica ed una rottura dei vincoli con l’Europa.
Attorno a questa grande questione sociale si stanno saldando anche le tante vertenze locali che in questi anni sono cresciute intorno alla difesa del suolo e dell’ambiente ed in favore del diritto delle popolazioni a poter decidere del proprio ambiente di vita. A cominciare dalla emblematica battaglia dei valsusini che è ormai diventata una grande vertenza in difesa del territorio e per la democrazia. Questa saldatura non è il frutto della semplice necessità di unire le forze ma il prodotto di una idea comune di società e di come affrontare la crisi.
La messa in sicurezza del territorio, il rimboschimento, la tutela de mare, lo sviluppo della filiera agroalimentare a km zero, la ristrutturazione del patrimonio edilizio scolastico, l’utilizzo di quello abitativo sfitto o abbandonato, l’esaltazione del nostro inestimabile patrimonio artistico, il rilancio della ricerca pubblica, del trasporto pubblico, della sanità pubblica sono alcuni dei terreni fondamentali sui quali rimettere in moto l’economia del paese. Ma a farlo devono essere non gli appetiti speculativi privati che in questi anni hanno devastato il territorio, si sono impossessati di settori strategici dell’economia ed hanno lucrato sui bisogni vitali della popolazione. Non un piano di grandi opere dannose o di grandi eventi che succhiano risorse locali, promuovono solo lavoro precario e lasciano in eredità edifici ed impianti abbandonati al degrado.
Le mobilitazioni di ottobre costituiscono la riproposizione di una grande ed urgente questione sociale ma sono anche piene di risposte, elaborate dal basso, di come affrontarla e risolverla. Ad esse finora si sta rispondendo in modo autistico. Si finge di non sapere che esse sono portatrici di contenuti e rivendicazioni precise e le si descrive come un pericolo. Un modo classico, che sa di regime, per evitare di affrontare i problemi.
Queste mobilitazioni pongono pertanto anche un altro grande tema, forse ancora più serio dei precedenti e ad essi strettamente collegato, quello della democrazia.
Democrazia sui posti di lavoro, violentemente negata dal recente accordo tra sindacati concertativi e Confindustria per assicurarsi il monopolio della rappresentanza ed impedire ai lavoratori di scioperare ed esprimere il loro dissenso. Democrazia nella gestione delle città e del territorio, dove ai cittadini viene sistematicamente impedito di esercitare il proprio sacrosanto diritto a decidere sul destino della propria terra e l’uso e la distribuzione delle risorse. Democrazia in un paese che ha perduto la propria sovranità ed è costretto ad ingoiare i diktat di un’Europa dove a decidere sono i vertici delle banche e la cancelleria tedesca.
Questione salariale, questione sociale e democrazia: ecco la piattaforma generale delle mobilitazioni di ottobre. C’è in questa piattaforma la difesa della Costituzione?, qualcuno ci chiede. C’è se per Costituzione intendiamo i principi mai attuati che sono l’ossatura ideale della carta del ’47. Molto meno se pensiamo alle recenti modifiche che ne hanno snaturato buona parte dell’ispirazione originaria.
E c’è infine un obiettivo politico a fare da cornice alle giornate di ottobre. Costruire un vasto e articolato fronte di lotta che sappia far crescere un tessuto organizzato e duraturo. La lotta che abbiamo di fronte è lunga e difficile, impensabile affrontarla in ordine sparso. Coordinare gli sforzi per far crescere un grande movimento radicale e indipendente, diffuso nei posti di lavoro, nelle scuole, nelle città è il nostro progetto: il 18 e il 19 ottobre possono rappresentare le date d’inizio di questa sfida.

                                                                                                                           http://www.usb.it

martedì 17 settembre 2013

Autoconvocati / Gruppo di lavoro per Rifondazione

Commissione congressuale: di "straordinario" c'è solo la presa in giro per i compagni/e!

Sabato scorso si è riunita la commissione. Ovviamente non è stato pubblicato nulla.
Ci risulta assente Falcemartello, che ha deciso di presentare il documento.
I ferreriani tengono infatti aperta la possibilità di presentare doc. contrapposti.
La loro idea è che i documenti siano a tesi o emendabili, ma senza rappresentanza. In sostanza bloccati!

Così avremmo in un solo congresso il peggio delle due cose!
Prima dovremmo dividerci tra documenti, poi solo alcuni potrebbero votare delle tesi (su cui magari anche altri sono d'accordo) che non avrebbero rappresentanti!
Sarebbe poi qualcuno a stabilire una certa percentuale di delegati per le tesi.
Ma quale democrazia è questa? Quale diritto ha questo gruppo dirigente per dettare regole?
Sappiamo bene che il giochino (già visto) serve a loro per avere una platea non troppo critica, e in sostanza riconfermarsi.

Ci è stato proposto di rinunciare alle tesi in cambio di un abbassamento dei numeri per presentare il documento. Abbiamo rifiutato: la nostra battaglia è per il congresso a tesi. Non mercanteggiamo alle spalle dei compagni/e.

Questo congresso deve unire e rinnovare a fondo il partito dopo 5 anni di sconfitte, delusioni e divisioni.
Solo noi possiamo imporre che sia così: noi siamo il partito e noi dobbiamo decidere.

Firmiamo l'appello e il 22 tutti al CPN.

lunedì 16 settembre 2013

NUMERI VINCENTI LOTTERIA POPOLARE FESTA DI LIBERAZIONE 2013


1- Cesto di prodotti tipici offerto da  “I Tesori del Gusto” n° 052

2- Cena per due offerta dalla “ex Macelleria Ciccone”
n° 0747

3- Minicrociera per due nel Golfo di Gaeta offerta da “Kilroy”  n° 0633

4- Pernottamento per due presso il BeB 1400 n° 0559

5- Prodotti di cartoleria offerti dal “La Scolastica”
n° 0636

6- Taglio di Capelli uomo/Donna offerto da “Maurart” n° 0954

7- DVD: Documentario a Cura di Fulvio Grimaldi
n° 0564

8- Due Litri Olio d'Oliva n° 0437

9- Un Kg di Caffè n° 0190

10- Una Stampa di Gaeta con Cornice n° 0213

Per riscuotere i premi rivolgersi al Numero: 3477174907

martedì 10 settembre 2013

GAETA: LUNEDI’ NERO PER IL DIRITTO ABITATIVO.


CROLLA UN SOLAIO DEL MAZZAMARIELLO, SGOMBERATO PALAZZO TOSTI



Lunedì 9 settembre è stata una giornata nera per il diritto alla casa nella città di Gaeta. Per ironia della sorte due gravi e lunghe vicende hanno trovato un brutto epilogo proprio nelle stesse ore: La vertenza di palazzo Tosti e la lotta per la ristrutturazione delle case popolari del Mazzamariello. Non è un caso invece che in entrambe le vicende emergano in modo emblematico l’incapacità della Giunta Mitrano, il cinismo e la demagogia mostrate da quest’Amministrazione nel promettere senza mantenere, la totale insensibilità verso i bisogni sociali dei più deboli e i propri diritti. Altro che Social Card! Il 9 settembre era il temine previsto per lo sgombero di Palazzo Tosti, causato da una procedura avviata dalla stessa Amministrazione incurante o inconsapevole delle pesanti conseguenze del proprio operato. Entro questa data l’Assessore Cristian Leccese si era impegnato per iscritto a trovare altra sistemazione per le famiglie disagiate che abitavano lo stabile in un accordo siglato con il Demanio il 26 Giugno, promettendo che già dal 20/07 il problema avrebbe trovato soluzione. Di fronte alle rimostranze degli inquilini e del nostro Comitato che lamentavano il mancato rispetto delle tempistiche annunciate, l’Assessore aveva minimizzato la gravità della situazione prevedendo al massimo un’ulteriore piccola proroga dello sgombero. Le cose non sono andate così, tanto che quando le forze dell’ordine hanno intimato agli inquilini increduli di uscire dall’edificio in pochi minuti per scongiurare uno sgombero forzoso, è emerso chiaramente come non solo l’Assessore fosse stato incapace di mantenere quanto promesso, ma non avesse neanche in mente un piano B per evitare che i malcapitati finissero in strada nella peggiore delle ipotesi. Solo a seguito di una lunga mediazione e della dura protesta degli inquilini si trovava in extremis una sistemazione per una delle tre famiglie con malato grave a carico, proponendo alle altre l’alternativa del dormitorio della Caritas fino alla disponibilità dei due ormai fantomatici alloggi in via di ristrutturazione, destinati a casi di emergenza abitativa. Una delle famiglie al fine è stata obbligata ad uscire mentre l’altra ha respinto l’ultimatum, ormai resa incredula dalle troppe promesse. Al momento in cui scriviamo la famiglia si trova ancora all’interno dello stabile, con il rischio di sgombero coatto annunciato per Venerdì 13. A loro indirizziamo tutta la nostra solidarietà. Contemporaneamente al grave accaduto crollava il tetto di un appartamento del Mazzamariello. Un disastro annunciato che solo per miracolo non ha mietuto vittime. Alle promesse solenni di ristrutturazione fatte in campagna elettorale da Mitrano e dai suoi erano seguiti i primi crolli di cornicioni pericolanti avvenuti molti mesi fa. Subito erano sopraggiunte nuove promesse di interventi tempestivi, fino alle ultime roboanti dichiarazioni dell’incauto Assessore Leccese. Molti lo ricorderanno in occasione della manifestazione per la casa svoltasi il 9 Maggio davanti al Comune annunciare pubblicamente lo stanziamento di 150 mila euro per salvare il Mazzamariello entro il mese di Luglio. Chiedere le dimissioni dell’Assessore sarebbe inutile, purtroppo sappiamo che non arriverebbero. Che valore avessero le sue parole come le altre pronunziate dai nostri amministratori è ora sotto gli occhi di tutti. Il Re ormai è nudo e forse in futuro qualcuno farebbe meglio a parlare di meno.  

Comitato degli Inquilini per il Diritto alla Casa

martedì 3 settembre 2013

CRISI SIRIANA: IL PRC DENUNCIA I RISCHI PER GAETA E PER IL GOLFO

La commemorazione in presenza delle autortà militari americane è uno schiaffo per la città. Rifondazione Comunista chiama in causa Sindaco e Prefetto.

Le minacce sempre più concrete di attacco imminente alla Siria pongono interrogativi gravi e urgenti riguardanti la sicurezza dei cittadini di Gaeta e del golfo. La presenza della base della marina militare americana, sede del comando della VI Flotta, rappresenta da sempre un grave rischio per il nostro territorio, quanto mai significativo in un momento del genere. E’ stato appurato ormai da tempo l’attracco di navi e sommergibili dotati di armamenti nucleari in questa base. Ciò accade in una nazione che non è dotata di centrali atomiche ad uso civile per volontà democraticamente espressa dai propri cittadini. Malgrado ciò e le reiterate richieste ufficiali sembra che non esistano piani di evacuazione per la popolazione del golfo in caso di emergenza radioattiva e sicuramente nulla è mai stato reso pubblico in merito. E’ ovvio che un attacco, di cui gli USA sarebbero protagonisti, renderebbe la base di Gaeta e il territorio circostante obiettivo sensibile di possibili rappresaglie, ancor più probabili e pericolose in caso di un terrificante allargamento del conflitto a potenze quali Russia e Cina. Per non parlare dello stato di paura e disagio che si ripresenterebbe per le misure eccezionali  adottate dai militari americani, già vissuto dai cittadini in concomitanza con gli attacchi all’Iraq e all’Afganistan. Ricordiamo che stiamo parlando di una base gestita da un paese straniero sul nostro territorio e che attualmente l’Italia ha dichiarato di non voler partecipare ad un eventuale attacco, sperando mantenga invariata questa posizione. Ciò pone interrogativi non più derogabili sulla necessità di rivedere finalmente i trattati internazionali che prevedono ancora la presenza di basi straniere sul territorio italiano in nome della nostra sovranità nazionale troppo a lungo calpestata. Si pone con la stessa forza l’esigenza di uscire dalla NATO, alleanza unanimemente riconosciuta vacillante e anacronistica. Sicuramente il prezzo altissimo pagato dalla città di Gaeta alla servitù militare cui è da tempo sottoposta non è più accettabile. Oltre ad occupare ampie zone strategiche per lo sviluppo economico e turistico della città la base, ormai ridimensionata per numero di presenze ma non per importanza, comporta gli stessi gravi rischi senza più offrire da tempo i presunti benefici per l’indotto dell’economia cittadina. Di fronte ad un dibattito acceso in tutto il mondo e al radicato sentimento di pace del popolo gaetano, in un momento tanto delicato e controverso, è incredibile che il primo cittadino di Gaeta commemori il cappellano Vincent Robert Capodanno nell’omonima piazza in presenza di soldati e comandi militari americani, abbandonandosi a encomi pubblici servili e inopportuni nei confronti degli Stati Uniti e della loro politica. Sarebbe invece suo dovere pensare a tutelare l’incolumità dei suoi compaesani e gli interessi della propria città.  Chiediamo pertanto al Sindaco Mitrano e al Prefetto D’Acunto, quali massimi garanti della sicurezza e della salute dei cittadini, che iniziative intendano intraprendere in previsione di un possibile attacco alla Siria, quali piani di emergenza stiano predisponendo in sinergia con le autorità competenti e in che tempi saranno resi pubblici. Chiediamo all’attuale Amministrazione cosa voglia fare e quando per liberare la nostra città da una presenza così ingombrante e nociva come quella della base americana, restituendo a Gaeta la propria sicurezza e alcune delle aree più belle della città.