"Il Comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo Comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente". Karl Marx

mercoledì 22 febbraio 2012

Il PRC candida a sindaco Benny Crocco

Una scelta "popolare" coraggiosa, di discontinuità a sinistra


Gaeta: Il Partito della Rifondazione Comunista di Gaeta ha scelto il suo candidato a Sindaco. Dopo il confronto con molte realtà delle categorie lavorative cittadine e a seguito di una serie di contatti con le forze in campo nella campagna elettorale è risultato decisivo l'esito dell'incontro richiesto da Rifondazione a IDV e SEL, con l'intenzione di cercare un'auspicata convergenza politica con le forze che si ritenevano meno distanti. A questo appuntamento si è arrivati prendendo atto che il centro-sinistra cittadino si presentava già frammentato in almeno quattro schieramenti elettorali divisi e in concorrenza. Tale condizione è stata determinata prima dalla fine della lunga esperienza amministrativa di PD e IDV a fianco della Giunta Raimondi, poi dalla faida interna al Partito Democratico, divisosi di fatto in ben tre componenti. Una delegazione del neonato Partito Comunista ha subito riportato alcune imprescindibili condizioni poste unanimemente dai propri iscritti, alle quali è legata la propria decisione di partecipare alle elezioni amministrative. E' stata quindi richiesta la ricerca di un candidato a Sindaco non compromesso con un passato politico reputato purtroppo fallimentare, ed è stata posta una pregiudiziale contro liste civiche di dubbia provenienza, costituite a ridosso delle elezioni senza chiarezza su componenti ed obiettivi. Consapevoli di essersi rivolti a uno schieramento con trattative già avviate, si è preso atto che la scelta di Salvatore Di Maggio rappresenta per i partiti che lo sostengono la quadratura attorno alla quale centrare il proprio programma da definire. Questo iter  è considerato dal PRC l'opposto della propria idea di costituzione di un blocco elettorale, che dovrebbe invece fondarsi sull'elaborazione di programmi politici concordati con la propria base sociale, per poi arrivare alla presentazione dei candidati in base a criteri condivisi e generali. Il percorso intrapreso dai propri interlocutori al contrario sembra partire da un nome dettato da equilibrismi e spaccature di forze troppo spesso autoreferenziali, prive di capacità autocritica e distanti dai cittadini. Preso atto delle legittime ed inamovibili posizioni altrui, si è ripartiti subito discutendo di impegno diretto con la propria gente. Il Circolo "Mariano Mandolesi", sezione locale di Rifondazione Comunista, è infatti nato con idee ben chiare su quali sono i propri referenti sociali e le problematiche da trattare e risolvere, in primis la tutela del lavoro a discapito di rendite e illegalità, la questione abitativa, la difesa dei servizi pubblici e dei beni comuni che determinano la dignità sociale e culturale di una comunità. I suoi iscritti sono tutti espressione diretta del mondo dei lavoratori dipendenti, precari, disoccupati, giovani senza prospettive. Questo ha contribuito alla formazione di un gruppo unito, con una visione politica cosciente e partecipativa, intergenerazionale e lungimirante. Un partito che ha tutta l'intenzione di riprendere ad essere un punto di riferimento nel tessuto sociale della città. Il PRC ha ben cosciente quali sono i rischi ulteriori che si addensano su Gaeta, ben rappresentati tra l'altro da una destra con vertici investiti direttamente da potentati "forestieri", che a questa città poco o niente hanno sempre dato, se non cataclismi come Acqualatina o minimizzazioni sul problema della presenza di mafie sul territorio. Alle classi subalterne che più hanno subito tutti questi danni i membri di Rifondazione Comunista non hanno bisogno di avvicinarsi e accedere tramite proposte clientelari. Questo perché i suoi iscritti e simpatizzanti sono parte stessa di quelle categorie e sono avvertiti come tali. Vista l'impossibilità di unire una sinistra dei partiti almeno in parte rinnovata, la scelta di candidare a sindaco il trentanovenne Benedetto Crocco, più conosciuto come Benny, è stata reputata in tal senso la più idonea. Un nome in grado di unire pure nella società chi non ha più rappresentanza politica. Fra i fondatori del circolo intercomunale "ARCI Mediterranea", attualmente disoccupato con esperienze lavorative in più campi, attivo nel sociale e nelle varie forme del giornalismo, da sempre attento e partecipe alla politica senza possedere sinora tessere di partito, è stato reputato il più adatto a ricoprire questa responsabilità. Ciò anche grazie alla sua cultura, i suoi valori umani e altruisti, l'indubbia onestà, il profondo rispetto e la simpatia che nutrono verso lui tutti coloro che finiscono per conoscerlo. Ferma volontà del PRC è aggregare quelle forze e quei cittadini che temono la vittoria di Mitrano ma al tempo stesso non si riconoscono nel ceto politico avversario, che ha deluso i ceti popolari per il suo immobilismo e la sua debolezza.  Al più presto seguiranno altri comunicati ed iniziative di Rifondazione, oltre a una conferenza stampa volta a presentare a fondo il Candidato a Sindaco, il programma della sua coalizione e i candidati alla carica di Consigliere comunale.


Partito della Rifondazione Comunista
di Gaeta
Circolo "Mariano Mandolesi"

lunedì 13 febbraio 2012

Mariano Mandolesi detto “Carlo”

Mariano Mandolesi nasce a Gaeta nel 1920, è figlio di Costanzo operaio delle Vetrerie Federate di Gaeta, che come molte degli operai delle vetrerie si poneva a metà tra l’anarchismo e il socialismo. Il piccolo Mariano è presto avviato al lavoro nelle vetrerie, dove di notte inizia come tira catene, nel 1933 è portacatene e l’anno successivo è battimazza nelle forge della stessa Vetreria. Sono anni duri: di notte a lavoro e di giorno continua la scuola, il marittimo di Gaeta dove nel ’37 prese l’abilitazione navale di I classe. Mariano a quindici anni va nelle Marche, è già un’antifascista convinto, con due amici fonda una cellula antifascista e immagina di fare un attentato a Mussolini. Il progetto prende forma, pensa ad una bomba da mettere sotto una strada a Gaeta dove spesso il duce passa in rivista, vuole farla esplodere dal mare, prepara un detonatore con il filamento di una lampadina, ma i suoi propositi sono fermati dal farmacista. Eh si perché per fabbricare l’ordigno l’unico esplosivo possibile è il clorato di potassio che compra mezza libra alla volta fino ad accumularne dieci chili, poi il farmacista pensando che volesse farci i botti per capodanno gli spiega che il clorato serve per gli sciacqui e rifiuta di venderne ancora. Nel ’38 si trasferisce a Civitanova Marche dove lavora in fabbrica, alle Officine fratelli Cecchetti ed è lì che il nostro diventa comunista, come egli stesso racconta: quando uno di questi emissari che stavano dentro alle fabbriche, sapendomi antifascista mi disse: “Di un po’; ma tu sei comunista o socialista?” E io gli ho detto: “Guarda, io non ne capisco niente; tu mi devi spiegare cos’e’ il socialista e cos’e’ il comunista?” E lui mi ha detto: “Socialisti sono quelli che vogliono formare prima la coscienza alla gente e poi prendere il potere. I comunisti invece vogliono prendere il potere per poter formare la coscienza alla gente”. E io gli ho detto: “Allora sono comunista. Prendiamo il potere e poi facciamo la coscienza alla gente. Nel 1940 Armando lascia la fabbrica perché arriva la chiamata dell’esercito, nel ’41 è a Padova dove prende contatto con i compagni del partito. La sua attività di antifascista non passa inosservata è Padova è viene mandato “in esilio” a Montagnana in una piccola base. Conosce anche li dei compagni e torna in contatto con il partito. Arriva l’8 settembre e Mandolesi lascia la caserma e si unisce ad altri partigiani sulle montagne, si tratta della brigata Pisacane. La mattina del 12 giugno ’44 riceve l’ordine di andare a liberare dei compagni detenuti dai tedeschi nel carcere Baldenich a Belluno: raduna un gruppo di 25 persone, dodici si travestono da nazisti, altri si fingono prigionieri altri sono fuori di copertura. Entrano in perfetta formazione nazista nel carcere, i carabinieri di guardia li accolgono senza pensare che da lì a poco li faranno prigionieri, tagliano i fili del telefono e liberano i compagni incarcerati, con l’aiuto di un secondino che è loro complice. All’uscita trovano il portone chiuso ma Mandolesi lo apre a calci e spallate, sono fuori e con loro tutti i compagni in carcere. Mandolesi dopo la liberazione fu per un breve periodo questore di Belluno e sarà decorato con la medaglia d’argento per le sue azioni diventando una delle figure più popolari della resistenza in Veneto. Concludo con il giudizio che il compagno Carlo dà della resistenza in una intervista al manifesto: “A chi oggi pone la domanda se la resistenza sia stata giusta, vorrei chiedere: ma è forse giusta la guerra?
Noi abbiamo lottato per un ideale, per affermare i valori di indipendenza, di democrazia e di libertà, per riscattarci da una condizione politico-culturale, che ci aveva impedito di pensare liberamente e autonomamente; abbiamo lottato per riacquistare la nostra dignità di popolo e per riaffermare il principio di autodeterminazione dei popoli.
Tutto questo ci è costato sacrifici, feriti e morti, ma ci sosteneva una forte fede: dovevamo dar vita a uno stato democratico, senza aspettarci onori, cariche, successo o denaro. E molti di noi, dopo la guerra, tornarono al loro lavoro, proprio nelle stesse condizioni di prima.”