Ora ai lavoratori non resta che sperare di poter rimediare con la lotta a ritardi ed errori.
Si è appreso dagli
organi di stampa di una operazione congiunta di Capitaneria di Porto di Gaeta,
Asl di Latina e Ispettorato del Lavoro, effettuata con loro ingresso in data
19/02/2016 nei Cantieri Navali Italcraft presumibilmente per eseguire accertamenti
a riguardo del rispetto degli accordi alla base dell'attuale concessione
dell'area demaniale nella quale è ubicato lo stabilimento. Il blitz
sarebbe collegato ad un esposto presentato in dicembre da due delle sigle
sindacali rappresentati nell'Italcraft, ossia Feneal Uil e Fillea Cgil, un’azione legale che ci sembra comunque
tardiva, tant’è che proponemmo di
agire in questa direzione già nel Gennaio del 2015 anche attraverso comunicato
stampa. A distanza di giorni dobbiamo constatare
che non ci sono state dichiarazioni da parte di istituzioni coinvolte in
qualsiasi modo nella vertenza e nell’accordo
sotto indagine, intesa siglata più di un anno fa con la curatela fallimentare,
né vi sono state prese di posizione da parte del mondo politico. Questa inerzia
non ci sorprende.
Ricordiamo
come Rifondazione Comunista sia stata
anche fisicamente l'unica forza politica da subito sempre vicino ai lavoratori
in lotta dopo il fallimento della precedente società proprietaria, unico partito ad esprimere determinate
posizioni e denunce. Da soli abbiamo tra
l'altro criticato l'accordo in questione che non offriva praticamente garanzie e criteri sul futuro impiego
delle maestranze dello stabilimento e che, non a caso, è stato subito disatteso.
Un patto sindacale con clausole riduttive e poco stringenti, che poco tutelava
gli esclusi dal reintegro dopo che, nel momento della messa in asta del
cantiere, fu firmato un protocollo di intesa tra Consorzio Industriale, Camera
di Commercio, Amministrazione Comunale e Sindacati dove veniva chiaramente
scritto che chi avesse acquistato il cantiere avrebbe dovuto assumerne
interamente i dipendenti. Protocollo non solo non rispettato, ma ad oggi non
sono stati neppure reimpiegati i 16 lavoratori su 48 previsti entro il 2014,
così come non sono arrivati i lavori di ristrutturazione e le norme di
sicurezza richieste.
Come Circolo
PRC “Mariano Mandolesi” abbiamo sempre espresso le nostra diffidenza in generale sul ruolo nel nostro territorio dell'Autorità
Portuale, fra le istituzioni che avrebbero dovuto controllare il rispetto
delle regole sottoscritte e che invece anche in questo caso con l’inerzia
finora dimostrata sembra rispondere ad interessi politici ed economici distanti
da quelli della nostra città, come ad
esempio quelli che si prospetterebbero con il "Cesena", progetto che prevedrebbe un futuro dell'intera area
portuale senza la presenza delle attuali attività industriali; un piano
gelosamente custodito dal Consorzio Industriale, ma oramai diventato quasi un
"segreto di pulcinella".
Interrogando apertamente questo ente a riguardo di tale progetto, non
abbiamo mai ricevuto alcuna risposta in tal senso, né crediamo che la stessa
Amministrazione Comunale all'improvviso ora si adoperi presso il Consorzio per
renderlo di pubblico dominio. È stata
invece nostra la premura di spiegare direttamente ai lavoratori che dietro
l'intero comprensorio portuale esistono presumibilmente interessi speculativi
legati allo sviluppo futuro del porto e volti allo smantellamento graduale
delle attuali attività presenti, oltre che di gran parte degli occupati da esse.
Proprio per
contrastare questa tendenza padronale nella zona, in occasione delle agitazioni
seguite al fallimento dell'Italcraft illustrammo tra l'altro agli operai
l'esperienza di altre fabbriche vicine e solidali con la loro lotta,
aziende quali la Mancoop uscite dalle loro crisi proprio dopo esperienze di autogestione e costituzione
in cooperative di lavoratori in seguito a trattative con le loro rispettive
curatele fallimentari. Svolgemmo in tal senso un ruolo attivo nella decisione della occupazione dei cantieri,
importante pure a fini di peso contrattuale nella loro vertenza, esperienza
purtroppo presto abbandonata a favore invece di altre pratiche suggerite dai
rappresentanti sindacali e rivelatesi ad oggi fallimentari nonché causa di
divisioni e allontanamento dalla lotta, fra i lavoratori e oramai persino fra
le sigle sindacali stesse.
Prendiamo
comunque positivamente atto del fatto che sindacalisti abbiano finalmente
proceduto a denunciare alle forze di polizia il mancato rispetto degli accordi.
In qualità di rappresentanti dei lavoratori andava comunque fatto già da
subito, evitando così che scadessero quei primi 6 mesi di mobilità entro i quali gli operai avevano ancora delle
garanzie legali di reimpiego lavorativo nell’Italcraft.
Resta solo da sperare che le indagini portino all'annullamento dell'atto di acquisto dei cantieri, rimettendo così
tutto e tutti in gioco. Se questo dovesse avverarsi, toccherà questa volta ai
lavoratori non commettere gli stessi errori del recente passato e piuttosto
valutare ed intraprendere le possibili strade che abbiamo indicato, finanche
quella di riappropriarsi e gestire in prima persona quel che è il frutto di
anni del loro sudore. Bisognerà quindi non “rinchiudersi” in un isolato
presidio e ci si dovrà attivare invece per ritrovare
unità fra i lavoratori dello stabilimento, impiegati e non, creare solidarietà
con gli operai delle fabbriche circostanti, sensibilizzare l'opinione pubblica
tramite attività e mobilitazioni di vario tipo, concentrare visibilmente e
apertamente l'attenzione e la protesta anche su quei soggetti inetti che invece
hanno un ruolo importante nella loro vertenza, in primis i firmatari del
protocollo di intesa su citato. In tutto questo troverebbero un già disposto
alleato nel nostro Partito. Questa rischia di essere l'ultima occasione per
salvare l'Italcraft e il loro lavoro.
Circolo PRC "Mariano Mandolesi" ITRI - GAETA
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