"Il Comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo Comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente". Karl Marx

lunedì 8 dicembre 2014

DOCUMENTO POLITICO DEL PRC SUL PIANO STRATEGICO AZIENDALE 2014-2016 DELLA ASL DI LATINA

Premessa Politica
La salute dei cittadini non può essere valutata un costo da abbattere. Il modello sanitario italiano è considerato uno dei migliori al mondo. Sprechi e corruzione, purtroppo esistenti, sono stati alimentati dalla stessa classe dirigente che oggi ha scelto di “gettare via il bambino con l’acqua sporca”. Ciò che accade alla sanità pontina è lo specchio di quanto avviene in tutt’Italia da anni. Il servizio sanitario pubblico viene progressivamente e silenziosamente smantellato a discapito dell’accessibilità delle cure mediche, di livelli occupazionali e condizioni lavorative dei dipendenti, avvantaggiando interessi privati e clientele equamente rappresentati in entrambi i maggiori schieramenti politici. Il Piano Strategico Aziendale 2014-2016 approntato dalla direzione della ASL di Latina asseconda, sostiene e giustifica questo processo già in corso, tentando di indorare la pillola con termini quali “efficienza” o “razionalizzazione”. Il Piano dichiara di assumere ed attuare le direttive europee riguardanti il taglio delle spese pubbliche, le politiche nazionali ad esse conformi e le indicazioni del Commissario ad Acta della Regione Lazio, che producono la drastica riduzione delle risorse economiche destinate alla salute (Pag 4, Pag 5). Il governo Renzi continua deciso sulla strada intrapresa introducendo altri 4 miliardi di tagli dal bilancio delle Regioni. La Giunta Zingaretti sostenuta da Partito Democratico e SEL è in questa fase il principale attore di tale processo, in piena continuità con quanto fatto in precedenza dalla destra. Non a caso il piano è stato approvato dai Sindaci della provincia con una maggioranza schiacciante di 20 voti favorevoli e sei astenuti. Nessun comune ha votato contro il Piano, in cambio di modifiche minime e del tutto ininfluenti, a riprova dell’ipocrisia e della piena connivenza dei tanti che avevano finto di contrastarlo per sfruttare a proprio vantaggio la disapprovazione dei cittadini, cavalcando spinte campaniliste. In realtà è la logica stessa che sottende al Piano che deve essere respinta nel suo complesso perché devastante e chiunque si proponga di emendarlo o correggerlo si mostra in realtà complice e sostenitore del disegno di riordino complessivo. La condivisione di questo disegno appare chiaramente trasversale a Centrodestra e Centrosinistra in conformità con il liberismo dilagante, quindi i cittadini devono abbandonare la cultura della delega riscoprendo il valore della lotta e della partecipazione se intendono bloccare il processo in corso e invertirne la tendenza.
Il Piano
Il Piano strategico aziendale è chiaro rispetto alla filosofia di fondo che lo ispira ma estremamente generico e assai indeterminato riguardo al modo, ai tempi e alle disponibilità da mettere in campo nel conseguimento di numerosi obiettivi proposti. In questo senso si può dire che le risposte omesse pesano più di quanto effettivamente scritto nel documento. In altre parole si comprende cosa e come verrà tolto, ma non si dice come verrà dato ciò che si promette. Il Piano assume le direttive di bilancio dettate dalla Regione che dimezzano le principali voci di spesa sanitaria tra il 2015 e il 2016, passando da una previsione di 9.026.509 E nel primo a 4.513.255 E nel secondo anno (Pag 76). In riferimento alla già gravissima carenza di personale, principale causa attuale di rapida degenerazione del sistema sanitario, si fa riferimento supinamente al perdurare del blocco del Turn Over, prevedendo un’ulteriore riduzione delle unità mediche e paramediche, un invecchiamento progressivo ed una perdita di funzionalità delle stesse, un consistente aumento del precariato (Pag 21, Pag68, pag 70) . Si riconosce inoltre la “prolungata carenza di investimenti strutturali e tecnologici” (Pag. 20). E’ evidente che non si può migliorare l’efficienza di un servizio riducendo le già insufficienti risorse ad esso destinate. Eppure si promettono le “Nozze con i fichi secchi”. Come? Le condizioni suddette determinano una scelta già in atto che consiste nel ridurre al minimo le strutture ospedaliere, prima distribuite uniformemente sul territorio, concentrando all’interno di pochi presidi servizi e reparti mentre gli altri ospedali vengono depotenziati, subordinati, cancellati o trasformati in “Case della Salute”, ovvero grossi ambulatori (Pag 24 e altri punti). Questo si intende con locuzioni tecniche e fumose quali “Implementare il modello organizzativo articolato in aree omogenee per livello di complessità assistenziale” (Pag 46) o differenziare l’“intensità di cura”. Ai grandi centri ospedalieri sarà destinato il trattamento dei casi “Acuti”, comprese le urgenze, e la gran parte dei ricoveri di cui si intende ridurre significativamente numero e durata attraverso regole di accettazione più rigide ed escludenti. Alla cura delle patologie croniche, in numero maggiore e crescente per l’aumento dell’età media della popolazione provinciale, sarà dedicata una rete costituita in gran parte da 5 “case della salute” (una per ogni distretto), dalle piccole strutture superstiti, dalla medicina Generale (i medici di famiglia) e dal ricorso alla telemedicina, della quale si parla in modo estremamente vago e generico senza prevedere alcuna risorsa, come non si prevede concretamente alcun potenziamento dell’assistenza domiciliare (Pag 64, Pag 65). Si propone di rafforzare una rete di ricoveri e servizi insufficiente sfruttando in modo maggiore il rapporto con le strutture private convenzionate, alimentando un business crescente anche attraverso la spesa pubblica della ASL (Pag 42 e altri punti). Una distinzione così netta e cristallizzata tra casi “cronici” e “acuti” è di per sé pericolosissima perché come è tristemente noto i primi possono rapidamente degenerare nei secondi e il tempo di accertamento ed intervento in questi casi segna spesso la distinzione tra la vita e la morte. La concentrazione delle strutture destinate al trattamento delle acuzie comporta l’aumento dei trasferimenti in ambulanza e delle distanze percorse, con un aumento proporzionale del rischio in caso di urgenze. Lo stesso documento segnala tra i punti di debolezza provinciali “un sistema di comunicazione inadeguato per sviluppo e per qualità che rende disagevoli i collegamenti interni all’azienda lungo l’asse longitudinale (Nord-Sud) e in qualche caso anche lungo gli assi trasversali …” (Pag 20). Non è certo un mistero che tra il Nord e il Sud della Provincia ci sono circa 100 KM da percorrere. Viene omesso nel documento che i costi dei trasferimenti sono particolarmente alti, mezzi e attrezzature insufficienti e le ambulanze circolano già spesso con i pazienti a bordo in assenza di personale medico qualificato. L’Ospedale “Goretti” di Latina e il “Dono Svizzero” di Formia sarebbero destinati a fungere da grandi strutture poli-specialistiche residue che richiederebbero interventi di potenziamento e ampliamento per i quali lo stesso documento riconosce evidenti difficoltà legate alle carenze strutturali degli edifici e alla scarsità delle risorse economiche, mentre entrambi i presidi versano già in condizioni di crescente sofferenza a causa dell’aumento dell’utenza dovuto allo smantellamento degli ospedali limitrofi, all’insufficienza di spazi e apparecchiature, alla gravissima carenza di personale (PAG 46). La stessa elezione sulla carta di Latina a DEA di II livello, che comporterebbe condizioni simili ai più grandi e prestigiosi centri romani, suona attualmente ridicola e paradossale di fronte all’evidenza di una situazione incomparabilmente diversa e a garanzie concrete pressoché inesistenti. Tale Ospedale manca attualmente di circa 180 dipendenti per lo svolgimento dell’attività ordinaria ed il personale a disposizione è sottodimensionato di circa il 30%. Presidi quali quello di Fondi subiscono uno svuotamento progressivo e lampante mentre il piano non prevede alcun intervento per invertire tale tendenza, tantomeno li considera tra quelli “eletti”. Altre strutture come quelle di Gaeta, Minturno, Priverno e Sezze, hanno già subito il pressoché completo smantellamento, la trasformazione in “case della salute” o si trovano nella fase finale di tale processo. Anche in questo caso non viene prevista alcuna iniziativa o risorsa per invertire tale tendenza. Ciò appare particolarmente paradossale nel caso di presidi quali il “Luigi Di Liegro “ di Gaeta, dotati di strutture e sale operatorie all’avanguardia e sottoposti anche di recente a costosi interventi ma sempre più inutilizzati, in contraddizione proprio con i criteri di economia e razionalità che il Piano enuncia. Si prevede pertanto e si incentiva la vendita (alienazione) degli edifici della ASL non più utilizzati e di quelli che lo saranno in futuro per recuperare qualche soldo, togliendo ogni residua speranza per una futura inversione di marcia (Pag 57 Pag 58). Resta in una sorta di “limbo” per ora indefinito il presidio di Terracina, dotato di una parziale immunità dovuta in parte alla sua funzione di polo universitario, che vede coperte parte delle spese dall’ateneo romano. Sul fronte della rete destinata al trattamento delle cronicità si manifestano limiti della stessa entità. Non ultimo l’impiego dei medici di famiglia, in una crescente organizzazione in “gruppi” e all’interno delle “Case della Salute”, ne svilirà l’autonomia professionale e introdurrà strumenti di controllo verticale sul loro operato nell’ottica della riduzione della spesa farmaceutica, ma soprattutto sottrarrà gran parte del loro impegno al rapporto diretto e preferenziale con i propri pazienti, vero punto di forza del nostro sistema sanitario (Pag 40). Non si prevede alcun serio intervento strutturale per potenziare il servizio al fine di accorciare le liste d’attesa, divenute in molti casi insostenibili, al di fuori di un utopistico richiamo ad una più razionale gestione delle prenotazioni programmate, all’utilizzo crescente dei mezzi informatici e (ancora una volta) ad una migliore sinergia con la sanità privata (Pag 42, Pag 43). Del resto già attualmente quest’ultima risulta di fatto estremamente avvantaggiata dalla lunghezza delle attese e dal progressivo aumento dei Tickets. A seguito del quadro generale esposto inoltre personale medico, infermieri e operatori socio sanitari, già sottoposti in molti casi a turni massacranti e straordinari, verranno assoggettati a ritmi di lavoro sempre più pressanti, con conseguente incremento delle probabilità di errori umani nel compimento di un ruolo tanto delicato e importante. Il personale sarà chiamato a coprire le carenze della rete territoriale con trasferimenti più frequenti tra le strutture provinciali, temporanei e intermittenti o definitivi. Il personale con contratto a tempo determinato e le ditte esterne rischiano sempre più il mancato rinnovo del contratto.


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