I
cani e i porci della borghesia moribonda e della democrazia
piccolo-borghese che si trascina al suo seguito, ci coprano pure di un
cumulo di maledizioni, di ingiurie, di beffe per i nostri insuccessi ed i
nostri errori nell'organizzazione del nostro regime
sovietico. Noi non dimentichiamo, neanche per un minuto, che abbiamo
effettivamente subito e subiamo molti scacchi, abbiamo commesso e
commettiamo tuttora molti errori. Come se si potessero evitare gli
scacchi e gli errori in un'epoca nuova, nuova per tutta la storia del
mondo, qual è la creazione di un tipo di struttura statale
che non ha esempi! Noi lotteremo inflessibilmente per rimediare ai
nostri scacchi e ai nostri errori, per migliorare l'applicazione, ancora
ben lontana dall'essere perfetta, dei principi sovietici. Ma abbiamo il
diritto di esser fieri — e siamo fieri — che ci sia toccata la fortuna
di incominciare la costruzione dello Stato sovietico, d'iniziare perciò una nuova epoca della storia mondiale, l'epoca del dominio di una nuova classe,
oppressa in tutti i paesi capitalisti e che dappertutto marcia verso
una vita nuova, verso la vittoria sulla borghesia, verso la dittatura
del proletariato, verso la liberazione dell'umanità dal giogo del
capitale, dalle guerre imperialiste.
II
problema delle guerre imperialiste, di quella politica internazionale
del capitale finanziario che oggi predomina in tutto il mondo, che fa
nascere inevitabilmente delle nuove guerre imperialiste e che genera inevitabilmente un
rafforzamento inaudito dell'oppressione nazionale, del saccheggio, del
brigantaggio, del soffocamento delle piccole nazioni deboli, arretrate
per opera di un pugno di potenze «più avanzate», questo problema è
stato, fin dal 1914, il problema fondamentale di tutta la politica di
tutti i paesi del mondo. È questa una questione di vita o di morte per
decine di milioni di uomini. La questione sta in questi termini: nella
prossima guerra imperialista — che la borghesia prepara sotto i nostri
occhi, che sorge dal capitalismo sotto i nostri occhi — si massacreranno
20 milioni di uomini (invece di 10 milioni uccisi nella guerra del
1914-1918 e nelle «piccole» guerre complementari, non ancora finite);
saranno mutilati — in questa prossima guerra, inevitabile (se si
manterrà il capitalismo) — 60 milioni di uomini (invece di 30 milioni
mutilati nel 1914-1918)? Anche in questa questione, la nostra
rivoluzione di Ottobre ha iniziato una nuova epoca nella storia
mondiale. I servitori della borghesia e i loro portavoce (i
socialisti-rivoluzionari, i menscevichi e tutta la democrazia
piccolo-borghese, sedicente «socialista», di tutto il mondo) schernivano
la parola d'ordine della «trasformazione della guerra imperialista in
guerra civile». Ma questa parola d'ordine è risultata l'unica verità, sgradevole, brutale, nuda, crudele — questo è giusto — ma una verità fra
le miriadi degli inganni sciovinisti e pacifisti più raffinati. Questi
inganni si dissipano. La pace di Brest è smascherata. Ogni giorno,
inesorabilmente, si smascherano sempre più la portata e le conseguenze
della pace di Versailles, peggiore ancora di quella di Brest. E sempre
più chiara, sempre più precisa, sempre più ineluttabile davanti a
milioni e milioni di uomini che meditano sulle cause della guerra di
ieri e della incombente guerra futura sorge la terribile verità: non ci
si può liberare dalla guerra imperialista e dalla pace (e dal
mondo) imperialista che inevitabilmente essa genera, non ci si può
strappare a quest'inferno senon con la lotta bolscevica e la rivoluzione bolscevica.
Qui
la borghesia e i pacifisti, i generali e i piccoli borghesi, i
capitalisti e i filistei, tutti i cristiani credenti e tutti i paladini
della II Internazionale e della Internazionale due e mezzo insultino
pure furiosamente questa rivoluzione. Con tutto il loro torrente di
malvagità, di calunnie e di menzogne essi non oscureranno il fatto
d'importanza storica mondiale che, per la prima volta dopo centinaia e
migliaia di anni, gli schiavi hanno risposto alla guerra tra i padroni
di schiavi con l'aperta proclamazione della parola d'ordine:
trasformiamo questa guerra tra schiavisti per la ripartizione del loro
bottino in una guerra degli schiavi di tutte le nazioni contro gli
schiavisti di tutte le nazioni!
Per la prima volta dopo
centinaia e migliaia di anni questa parola d'ordine si è trasformata, da
confusa e impotente aspettazione, in un programma politico chiaro e
preciso, in una lotta attiva di milioni di oppressi sotto la guida del
proletariato, in una prima vittoria del proletariato, in una prima
vittoria della causa della soppressione delle guerre, in una prima
vittoria della causa dell'unione degli operai di tutti i paesi contro
l'unione della borghesia delle diverse nazioni, di quella borghesia che
fa la guerra e conclude la pace a spese degli schiavi del capitale, a
spese degli operai salariati, a spese dei contadini, a spese dei
lavoratori.
Questa prima vittoria non è ancora una vittoria definitiva ed
è stata ottenuta dalla nostra rivoluzione di Ottobre attraverso
ostacoli e difficoltà senza uguali, sofferenze inaudite, attraverso una
serie di insuccessi e di errori grandissimi da parte nostra. Come se, da
solo, un popolo arretrato avesse potuto vincere senza insuccessi e
senza errori le guerre imperialiste dei paesi più potenti e più avanzati
del mondo! Noi non abbiamo paura di riconoscere i nostri errori e li
esaminiamo spassionatamente per imparare a correggerli. Ma il fatto
rimane: per la prima volta, dopo centinaia e migliaia di anni, la
promessa di «rispondere» alla guerra tra gli schiavisti con la
rivoluzione degli schiavi contro tutti gli schiavisti è stata mantenuta fino in fondo... ed è stata mantenuta malgrado tutte le difficoltà.
Noi
abbiamo cominciato quest'opera. Quando, entro che termine precisamente,
i proletari la condurranno a termine? Ed a quale nazione apparterranno
coloro che la condurranno a termine? Non è questa la questione
essenziale. È essenziale il fatto che il ghiaccio è rotto, la via è
aperta, la strada è segnata.
LENIN
(brani tratti da: “Per il quarto Anniversario della Rivoluzione d’Ottobre”,Opere complete, Ed. Riuniti, vol. 33, pp.40-42)
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