Apprendiamo dai mezzi stampa del
sequestro per presunti gravi illeciti di un’area di stoccaggio del Pet-Coke di
20 mila metri quadrati, utilizzata dalla società che opera e movimenta lo
stesso materiale, estremamente dannoso per l’ambiente e la salute umana, nel
porto di Gaeta. Gli scarti del Pet-Coke, non trattati come previsto dalle
normative vigenti, sarebbero stati sversati nelle acque del fiume Garigliano,
per poi finire in mare. L’accaduto suscita ovviamente forti quanto fondati
timori anche in relazione alle misure di sicurezza all’interno del porto
cittadino oltre che all’efficacia ed alla frequenza dei controlli effettuati, soprattutto
riguardo ai rischi corsi dai lavoratori e dagli abitanti dei quartieri della
Piaia e di Calegna, adiacenti al porto e per questo più esposti alle
dannosissime polveri sottili. Un fatto di cronaca tanto grave merita non solo
la ferma condanna quanto l’analisi attenta delle cause che producono tali
accadimenti. Il primo attore di questa vicenda è sicuramente, ancora una volta,
il profitto economico, unico e solo obiettivo di operatori privati troppo
spesso legati ad interessi opachi o malavitosi ed in grado di ottenere con vari
strumenti più o meno leciti la connivenza di gran parte della politica. E’
quanto vediamo di continuo in diversi ambiti quali la gestione dell’acqua, dei
rifiuti e di altri importanti servizi. Senza pubblicizzare la gestione di
alcuni settori strategici fatti di cronaca come questo si ripeteranno con
regolarità a danno della salute, dell’ambiente e dei diritti del lavoro. Non è
un caso se già diversi anni fa i comunisti chiedevano, purtroppo inascoltati,
l’istituzione di una Commissione Consiliare Antimafia che agisse in sinergia
con le forze dell’ordine e mostrasse particolare attenzione proprio a quanto
avviene all’interno del porto di Gaeta. Il secondo attore di tale vicenda è
senz’altro l’Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta i cui uffici
nella nostra città sono stati interessati proprio in questi giorni dalla visita
della Guardia di Finanza per presunte gravi irregolarità. Parliamo di un ente
elefantiaco che gestisce tre porti i più lontani dei quali sono situati a ben
200 chilometri di distanza. Un network la cui appartenenza non poteva non
vederci gravemente penalizzati alla luce delle maggiori dimensioni e del
maggior peso di Civitavecchia e Fiumicino. Non è un caso che, come ben noto, la
mole dei traffici passanti per il porto di Gaeta si è ridotta enormemente negli
ultimi anni, come sono rimaste chimere le promesse di favorire alcuni settori
quali l’agroalimentare rispetto ad altri più nocivi tra cui quello in
questione. Non è un caso se rimangono irrisolti ed inascoltati problemi gravi
quanto urgenti come l’attracco di petroliere in un’area individuata quale
sensibile. Tutto ciò avrebbe meritato la ferma opposizione e condanna del mondo
politico locale se non fosse per un patto scellerato che ha coinvolto tanto il
Centrodestra quanto il Centrosinistra ai danni della nostra città. Un patto che
ha visto volti noti della politica piazzati in posizioni dirigenziali di tutto
rispetto ed elargizioni dell’Autorità portuale in favore di interventi
urbanistici o di eventi quali quelli promossi dalla Giunta Mitrano,
preziosissimi sostegni elettorali in un’epoca di tagli e di magra per le amministrazioni
locali. In cambio di ciò pertanto la politica mette la cenere sotto al tappeto.
Noi Comunisti invece, al contrario, non abbiamo timori nel denunciare quanto
accade e nel dire a gran voce che non ci può essere uno sviluppo portuale
sostenibile e rispettoso della salute, dell’ambiente e del lavoro senza il
coraggio di rimettere in discussione lo strapotere delle imprese private che
agiscono nel settore e la presenza stessa di Gaeta all’interno di questa
Autorità portuale.
Partito Comunista - Sezione “Mariano Mandolesi” Gaeta
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